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Pier Paolo Pasolini, corsaro visionario

Poeta, scrittore, intellettuale impegnato oltre che regista cinematografico, Pier Paolo Pasolini è considerato il degno erede di quella scuola neorealista che ha avuto il momento di suo massimo splendore durante il dopoguerra e in Roberto Rossellini il suo maestro.  Nella sua opera cinematografica, Pasolini non solo recupera la tradizione neorealista, ma la aggiorna introducendovi l’elemento del mito come nucleo fondante della realtà quotidiana, mescolando l’alto e il basso senza soluzione di continuità.

Pasolini debutta nella regia nel 1961 con Accattone, portando sullo schermo quei ragazzi di strada che già aveva raccontato nel romanzo Ragazzi di vita (1955) e mostrando fin da subito le peculiarità del proprio stile.  Con Mamma Roma (1962) racconta le vicende di un’ex prostituta alla vana ricerca di riscatto (interpretata magistralmente da Anna Magnani) come se fosse una vera e propria discesa negli inferi delle borgate romane, mentre con il successivo Il vangelo Secondo Matteo (1964) affronta di petto il tema religioso mettendo in scena un’opera d’incredibile ricchezza iconografica.

In seguito Pasolini prende parte ad alcuni film a episodi, tra cui Amore e Rabbia (1968) dove dirige il breve La sequenza del fiore di carta, che ha come protagonista Ninetto Davoli in una vicenda tratta dalla parabola evangelica del fico infruttuoso, e si cimenta nel genere documentario con La rabbia (1963), primo episodio del film omonimo diretto con Giovanni Guareschi, un commento amaro sulla violenza diffusa nella società degli anni ’60.

Dopo capolavori come Uccellacci e Uccellini (1966), Teorema (1968), e Edipo re, Pasolini affronta la rivisitazione in chiave moderna del mito classico di Medea (1969) interpretata da Maria Callas, le cui sofferenze, dopo essere stata sedotta e abbandonata da Giasone, continuano dalla Cappadocia del passato fino al presente di Campo dei Miracoli a Pisa.

Mentre continua la sua sperimentazione nei film di finzione, dirigendo la sua Trilogia della vita (composta da Il Decameron, 1971, I racconti di Canterbury, 1972 e Il fiore delle mille e una notte, 1974), Pasolini coltiva ancora l’impegno anche servendosi dello strumento cinema, e dirige Le mura di San’a (1971), un documentario realizzato in forma di appello all’Unesco quando si trovava a Sana’a, capitale dello Yemen, durante le riprese de Il Decameron, che mostra il degrado in cui verteva il paese e la necessità di preservare le sue meraviglie storiche e architettoniche.

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