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Alain Delon, il nostro Tancredi

“Alain, sei ancora il mio Tancredi!” esclamò Claudia Cardinale, ricordando il capolavoro di Luchino Visconti, Il Gattopardo,  dalle pagine de La nazione (5 novembre 2015) rivolgendosi a quello che è stato un collega e amico carissimo (che ammette di non sentire da un po’) Alain Delon, icona del cinema francese anni ’60 e ’70, in occasione dei suoi 80 anni.

Alain ha attraversato la storia del cinema con la sua bellezza ai limiti dell’angelico, lo sguardo truffaldino e glaciale a stabilire il contrasto, l’ossimoro, che immediatamente conquista.  Alain Delon ha goduto fin da subito di un talento naturale, totalmente non costruito, una vocazione così esatta che nessun grande autore con cui ha lavorato si è sentito in diritto ed in dovere di plasmare a suo piacimento, limitandosi soltanto ad esaudire il suo modo di essere sullo schermo.

Al cinema Delon ci arriva per caso, dopo un’infanzia infelice (è nato a Sceaux, nella regione dell’Île-de-France, l’8 novembre 1935) segnata dalla separazione dei genitori ed un’adolescenza tormentata che l’ha visto espellere da vari istituti ed arruolarsi, quasi per fuggire al suo destino, come volontario paracadutista di stanza in Indocina.

Tornato a Parigi inizia a vivacchiare facendo vari mestieri, finché incontra l’attrice Brigitte Auber, che lo presenta all’ambiente. Il suo fascino non passa inosservato: Yves Allégret gli offre un piccolo ruolo nel giallo Godot (1958) e da lì in poi, nessuno lo fermerà più, tanto che a soli 29 anni, nel 1964, si vedrà dedicare dallo storico direttore della Cinémathèque française Henri Langlois una retrospettiva che raccoglie film che hanno già contribuito a disegnare la sua leggenda.

Il primo ruolo da protagonista per Alain arriva con L’amante pura di Pierre Gaspard-Huit (1958), storia di amori e di tradimenti tratta da una pièce teatrale di Arthur Schnitzler, dove scatta l’amore con Romy Schneider, che diverrà presto la sua fidanzata ufficiale, per grande gioia di tutti i tabloid nazionali. Alain è oramai sulla cresta dell’onda, e dopo Delitto in pieno sole (1959) di René Clement, dove interpreta per la prima volta il ruolo del bello e dannato (panni che in maniera più innocua aveva già vestito in Furore di vivere di Michel Boisrond, nel ruolo di un giovanotto disubbidiente e svogliato), si conquista l’attenzione internazionale. Luchino Visconti lo vuole come protagonista in Rocco e i suoi fratelli (1960) e qui la sua bravura esplode: nel ruolo del giovane immigrato al Nord insieme alla famiglia, che accetta di riprendere l’odiata carriera di pugile per aiutare i suoi cari e si contrappone al fratello maledetto (interpretato da Renato Salvadori), Alain Delon supera a pieno la prova del grande cinema d’autore, regalando un’interpretazione leggendaria ad un film leggendario.  Nel 1962 partecipa al film ad episodi Le tentazioni quotidiane di Julien Duvivier, mentre nel 1962 Michelangelo Antonioni lo vuole nel capitolo conclusivo della sua “ trilogia dell’incomunicabilità” con protagonista Monica Vitti L’eclisse, dove veste il ruolo di un giovane e cinico agente di cambio. Nel 1963, come già accennato, Visconti lo sceglie di nuovo per interpretare Tancredi nell’adattamento dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il Gattopardo: giovane rampante, attivista delle camicie rosse, che seduce Angelica (Claudia Cardinale) e tempera il malinconico personaggio dello zio Don Fabrizio,  nobile in decadenza, interpretato da Burt Lancaster.

Colpo grosso al Casinò (1963) di Henri Verneuil lo vede a fianco della star Jean Gabin ad inaugurare un ruolo che prediligerà da lì in poi, quello del duro che opera ai limiti della legalità: indimenticabile sarà poco dopo il suo Frank Costello faccia d’angelo nel capolavoro di Jean-Pierre Melville (1967). In Tre passi nel delirio (1967), film ad episodi ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe, sarà protagonista di William Wilson, diretto da Louis Malle, mentre in Parigi Brucia? Di René Clement farà la conoscenza di quello che diventerà il suo amico  – nemico negli anni a venire, Jean Paul- Belmondo, con cui formerà una coppia invincibile nel mitico Borsalino (1970) di Jacques Deray ( Delon partecipò anche al seguito, senza Belmondo, riprendendo i panni di Rock Siffredi in Borsalino & Co, sempre di Deray).

Sul set del noir psicologico La piscina (1969) di Jacques Deray  incontra la sua ex storica, rimasta sua amica, Romy Schneider, mentre ne La prima notte di quiete di Valerio Zurlini (1971) dà vita al ruolo “vitellone” bello e dannato a fianco di Alida Valli e Lea Massari. Ma, a parte rare eccezioni, negli anni ’70 l’immaginario iconografico di Alain Delon è oramai consolidato: prenderà parte sempre più spesso a ruoli di bello e tenebroso, duro e violento, in polar di vario genere  (come L’esecutore oltre la legge di George Lautner, 1974), arrivando ad amare così tanto il genere da credere, quando oramai la sua stella stava declinando, di poterlo rivitalizzare passando anche alla regia, ma senza grande successo.

Se un film come Nouvelle Vague (1990) del mito Jean-Luc Godard, lo rende complice nel tentativo di recuperare un’autorialità irrimediabilmente perduta, il ruolo di un narcisista Giulio Cesare in Asterix alle Olimpiadi (2008) farà invece leva sulla sua mai celata ironia. Ed è proprio con un film insolito rispetto ai suoi ruoli più famosi che vogliamo suggerirvi di celebrare gli 80 anni di Alain Delon, consigliandovi di riscoprire il delizioso Che gioia vivere (19161) dove il nostro veste i panni di uno scanzonato, divertente e divertito Ulisse, ex camicia nera anarchico più per disinteresse che per ideologia, che viene scambiato per fascista complottista dal padre militante di Franca (una splendida Barbara Lass), in una carambola degli equivoci esilarante: uno dei pochi ruoli comici di Alain Delon, in cui si è dimostrato estremamente a suo agio. Come sempre.

In regalo qui sotto per voi due clip esclusive tratte da due cult: Il Gattopardo e Borsalino:

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