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100 anni di Kirk

Ci sono vite così meravigliose che anche il destino è restio a far giungere al termine: deve essere per questo che Kirk Douglas, nato Issur Danielovitch Demsky da immigrati ebrei di origini bielorusse ad Amsterdam nello stato di New York nel 1916, si appresta a compiere ben 100 anni il 9 Dicembre.

Inserito dall’American Film Institute al 17° posto tra le più grandi star della storia del cinema, Kirk Douglas si è affrancato dalle sue umili origini studiando Lettere ( a scapito delle sue 6 sorelle, ha raccontato) e iniziando a recitare a Broadway, dove gli fecero capire senza mezzi termini che il nome d’arte che aveva scelto, Isadore Demsky, lo avrebbe portato poco lontano. Preso Kirk da un personaggio dei suoi fumetti preferiti e Douglas dal cognome della sua insegnante di dizione, Douglas è pronto per conquistare il mondo. Dopo il diploma all’ American Academy of Dramatic Arts di New York che gli ha trasmesso gli stilemi recitativi del metodo Stanislavski che saranno anche del più giovane Marlon Brando, Douglas inizia la sua carriera nel mondo del cinema grazie ad una raccomandazione speciale, quella di Lauren Bacall, con cui aveva studiato insieme.  Il suo esordio sul grande schermo avviene nel 1946 in Lo strano amore di Marta Ivens, dove interpreta un pavido alcolizzato, mentre poco dopo lo troviamo in Lettera a tre mogli di Joseph L. Mankiewicz, dove interpreta il marito di Ann Sother (il grande autore lo dirigerà anche più avanti, nel 1970, nel bellissimo western crepuscolare Uomini e cobra) ma è la parte del pugile di umili origini che raggiunge la notorietà ne Il grande campione (1949) di Mark Robson a rivelarlo al grande pubblico. Il successo definitivo arriva però con L’asso nella manica ( 1951) di Billy Wilder, che lo vede nel ruolo di un giornalista senza scrupoli.

Da quel momento in poi Douglas alterna ruoli mainstream a cinema d’autore: leggendario è il suo rapporto contrastato e insieme fecondo con Stanley Kubrick: protagonista del suo fulminante esordio antimilitarista Orizzonti di gloria (1957), Kubrick lo vorrà anche come protagonista per Spartacus (1952) di cui Douglas fu anche produttore.

Douglas, infatti,  si era già distinto nel peplum più tradizionale interpretando Ulisse nel kolossal di Mario Camerini nel 1954, lo stesso anno in cui fonda la sua casa di produzione, la Bryna Productions, dal nome della madre, con la quale produce i suoi film più famosi da protagonista come Brama di vivere (1956) di Vincente Minnelli, dove interpreta il pittore Van Gogh.

La sua carriera procede svelta e versatile, ed il suo carattere istintivo e focoso lo rende perfetto per grandi ruoli da protagonista in film dall’afflato epico come il western (Uomini e cobra), il film d’avventura (Il faro in capo al mondo, 1971)  il thriller poliziesco (I cinque volti dell’assassino di John Houston nel 1963) ed i ruoli da dongiovanni impenitente come in Jim l’irresistibile detective di David Lowell Rich (1968).

Douglas, eccentrico ed un po’ vanitoso, si è sempre vantato di essere un grande conquistatore (celebre l’aneddoto di aver avuto 29 ragazze in un mese) ha avuto flirt illustri (Marlene Dietrich, Joan Crawford, Rita Hayworth, Gene Tierny) ed è stato sposato due volte: con l’attrice inglese Diana Love Dill e con Anne Buydens, sempre attrice, dalla quale non si è mai separato. 4 figli spalmati in due matrimoni: il primogenito. Michael, che lo ha superato in celebrità e con il quale ha avuto un rapporto travagliato in passato  (ad esempio quando lo stesso Michael, produttore, lo sostituì per motivi di età con Jack Nicholson nel ruolo di protagonista in un film a cui Kirk teneva tantissimo, Qualcuno volò sul nido del cuculo) e il primogenito, Erin, morto di overdose nel 2004; una ferita per un padre molto difficile da rimarginare che ha rievocato nel suo libro di poesie pubblicato nel 2014, Life could be verse.

Come festeggerà i suoi primi 100 anni la star Kirk Douglas, premio Oscar per una carriera sterminata? Affidandosi alle cure del figlio oramai sodale Michael Douglas e alla moglie Catherina Zeta Jones, prendendosi la libertà di non pensare a niente, se non a tenere fede ad una promessa fatta anni prima: niente regali, se non per gli altri. «Faccio io i regali nel giorno del mio compleanno. La beneficenza è un atto egoistico, perché mi fa stare bene». 

Qui sotto trovate una clip esclusiva da Il grande campione:

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