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Il tuo Compleanno ( Giorno / Mese )

Bones and all di Luca Guadagnino in streaming

Grazie a Vision Distribution, arriva in streaming su CGtv Bones and All – Fino all’osso di Luca Guadagnino: è possibile vederlo sia in italiano che in lingua originale con i sottotitoli in italiano.

IL FILM 

Luca Guadagnino (Chiamami col tuo nome) ci propone una storia d’amore di una dolcezza tanto sublime quanto oscura e inquietante, un viaggio on the road di due giovani statunitensi disadattati alla ricerca della propria identità, che condividono un appetito feroce e devastante che li allontana dal resto del mondo e, per quanto anelino a trovare un luogo nel quale sentirsi davvero a casa, li porta a fuggire. Il loro viaggio da disertori della società ha inizio negli anni ‘80 con la giovane Maren, la quale cela un segreto sin dalla nascita, spinta da una voracità inspiegabile che va oltre ogni limite umano. Incapace di comportarsi come gli altri e in costante peregrinazione di città in città, ha sempre avuto la sensazione di essere un’emarginata senza possibilità di appello. Quando il padre, affranto, si rende conto di non poterla più aiutare, a Maren non resta che andarsene e arrangiarsi da sola. Ed è lì che scopre di non essere l’unica. Al mondo esistono altri come lei. Altri che provano quello stesso bisogno impellente. Altri come Lee, un ribelle di paese che la aiuta a sopravvivere, le si affeziona sempre di più e riesce a vedere al di là dei suoi desideri proibiti, anche quando i due diventano pericolosamente vulnerabili l’uno per l’altra. Nonostante la loro sia una patologia raccapricciante, Guadagnino porta la storia di Maren e Lee ben oltre i confini del genere. Le loro voglie implacabili non sono trattate come un qualcosa di cupo o mostruoso, quanto, semplicemente, come un destino ineluttabile. E a mano a mano che la vicenda si dipana, il racconto – magistralmente interpretato dall’ormai famosissimo Timothée Chalamet e dall’astro nascente Taylor Russell, le performance dei quali sono di una potenza emotiva disarmante – si trasforma in qualcosa di diverso: una liberatoria odissea on the road di due giovani che tentano di trovare il proprio posto nel mondo, alla continua ricerca di identità e bellezza in un contesto irto di pericoli, che non riesce a tollerare il loro modo di essere. Guadagnino non ha mai inteso la fame di carne umana dei personaggi, per quanto improvvisa e minacciosa, come un modo per rompere i tabù al mero fine di scioccare il pubblico, bensì l’esatto contrario, ovvero mettersi nei panni di chi si sente perso, di chi non riesce a trovare il proprio posto e si ritrova a vagabondare ai margini, di chi viene costantemente respinto dalla società eppure accettato dai propri pari. Bones and All, afferma il regista, è un film “sugli amori impossibili, sui reietti e sul sogno di trovare un luogo in cui sentirsi a casa” E prosegue: “È la storia di due giovani che scoprono che, per loro, non esiste un posto da poter chiamare casa, per cui devono reinventarselo. Maren e Lee vanno alla ricerca della loro identità in situazioni estreme, ma le domande che si pongono sono universali: chi sono, cosa voglio? Come posso sfuggire a questo senso di ineluttabilità che mi trascino dietro? Come possono entrare in sintonia con qualcun altro?”

 

LE ORIGINI DI BONES AND ALL 

I film profondamente umani di Luca Guadagnino, che sembrano in grado di carpire i più indescrivibili e viscerali sentimenti dell’animo, hanno affrontato svariate tematiche, sebbene, forse, il regista sia amato soprattutto per quel luminoso racconto di un lussureggiante amore estivo qual è Chiamami col tuo nome. Anche Bones and All è una travolgente storia d’amore tra due giovani, ma è ambientata in un mondo agli antipodi rispetto all’altro. Si tratta del primo lungometraggio di Guadagnino realizzato negli Stati Uniti e rappresenta un tuffo nella più classica tradizione americana dei “viaggi di transizione” on the road. Ma questa è un’America dai tratti quasi mitici in cui due persone senza un futuro definito, e condannate a essere “altro”, inseguono un glorioso sogno di fuga e accettazione. Guadagnino si imbatte per la prima volta in questa storia tramite l’adattamento fatto da uno dei suoi sceneggiatori preferiti, David Kajganich, il quale, sempre per Guadagnino, si era già occupato della commedia romantica A Bigger Splash e del remake di un grande classico dell’horror, Suspiria. Il regista rimane “stregato” da questo racconto così diverso dal solito, che lascia spazio a molteplici interpretazioni. “Le sceneggiature di David sono talmente fuori dall’ordinario e così bene connaturate all’animo umano da rifulgere sempre
come un gioiello prezioso; il suo messaggio arriva al pubblico diretto e inequivocabile. Nel giro di un attimo, mi sono sentito inconsciamente attratto da questo mondo” dice Guadagnino. Quel mondo trae ispirazione, sebbene con delle differenze, dall’omonimo romanzo del 2015 scritto da Camille DeAngelis in cui, partendo dall’idea di un’adolescente geneticamente nata con il bisogno di consumare esseri umani, si stravolge completamente il racconto di formazione. Nel suo adattamento, Kajganich si concentra sul modo in cui Maren combatte con le ansie, perfettamente comprensibili, di una qualunque ragazza che scopre il suo potere: con le insicurezze sull’amore e sulla moralità, con il fardello e i misteri del proprio corpo, con il fascino e lo scotto della ribellione, e con le difficoltà poste non solo dal forgiare un senso di sé, ma dal coraggio di imporre quel sé al mondo, a prescindere da quanto sia complicato. Nel caso di Maren, poi, tutto ciò confluisce in un unico, enorme problema, dato dal dubbio se mai riuscirà a legarsi a qualcuno a dispetto del tremendo istinto che la spinge a divorare le persone che ama, fino all’osso. Per Guadagnino, la principale fonte di ispirazione sono stati i personaggi stessi creati da Kajganich (vagabondi, senzatetto, anime solitarie che conducono le loro vite invisibili al di fuori dei percorsi battuti dalla società), più che la loro fame implacabile. L’ha vista come un’occasione per esplorare un ventaglio di diversità e solitudini di quella parte d’America che passa inosservata, ma soprattutto per analizzare ciò che lega gli esseri umani quando tutto il resto minaccia di dividerli. “Sono attratto da coloro che, forse per scelta, non sono al centro dei giochi. Per me, Bones and All è la storia di due persone che sono costrette a vivere ai margini della società” dice Guadagnino. “Non l’ho mai visto come spaventoso. Volevo che le persone amassero questi personaggi, li comprendessero, tifassero per loro e non li giudicassero. Il mio desiderio è che il pubblico veda in Maren e Lee il riflesso cinematografico di tutte le possibilità che fanno parte di noi in quanto esseri umani”. Nelle intenzioni di Guadagnino, il cannibalismo che permea il film non rappresenta tanto una provocazione, quanto un’atmosfera. Il regista evidenzia il fatto che cibarsi di carne e sangue umani sia da sempre una metafora religiosa e letteraria. Tuttavia, lui ha scelto di approcciarsi agli inquietanti appetiti dei personaggi come a un semplice dato di fatto, una necessità tanto concreta e impellente quanto lo è dormire. Inoltre, cosa ancora più importante, è una disfunzione che implica paura, vergogna, impulso e pregiudizio, rendendoli degli emarginati e costringendoli ad affrontare, in modo costante e concreto, quel lato primordiale della natura umana, il danno che tutti siamo capaci di infliggere. Quando si nutrono, Guadagnino pone l’accento sul fatto che per loro sia un qualcosa di “difficile e triste”, necessario e soddisfacente, ma che porta sempre al rimorso. Questa visione aggiunge realismo. “Questa è una storia di persone affette da una patologia che non sono in grado di controllare, e che può suggerire la presenza di molte altre problematiche”, riflette il regista. “Ma, sin dal principio, io ho semplicemente creduto nell’esistenza di questa gente. E ho voluto che anche il pubblico ci credesse, senza dover inserire alcun elemento fantasy”. Da sempre attratto dai personaggi femminili forti, Guadagnino tenta di analizzare la ricchezza e la complessità con cui Maren, non più bambina ma non ancora un’adulta, si approccia a un destino che non si è scelta. La ragazza non accetta mai passivamente i suoi impulsi, ma si arrovella ogni volta sul dilemma morale di non potersi liberare da questa vita senza danneggiare gli altri. Guadagnino è particolarmente interessato al fatto che la ragazza non solo provi a scendere a patti con chi è, ma vada oltre, forzando i limiti di chi potrebbe essere all’interno di una realtà che vuole invece metterla al bando, tarparle le ali, farla sentire in pericolo. “Ho sempre visto Maren come una girovaga che va alla ricerca di sé nella più classica tradizione letteraria americana” spiega il regista. “Ha le tipiche qualità di colei che innesca il processo della scoperta, ma con le specificità date dal fatto di essere una giovanissima reietta ai margini della società negli anni ‘80”. Per interpretare Maren, che deve farsi strada nel mondo da sola, che deve proteggere sé stessa da ciò che desidera, che affronta i più oscuri pericoli per una giovane donna che vive ai limiti, Guadagnino aveva in mente un’attrice sin dal primo momento. Avendo visto Taylor Russell in Waves – Le onde della vita, il film di Trey Shults che ha segnato la svolta della sua carriera – e che le è valso il Gotham Award come Attrice Rivelazione, ha capito subito che era perfetta per poter esplorare l’inesplorabile. Dopo una conversazione che ha confermato il loro legame, Guadagnino le ha detto: “Se vuoi questo ruolo, è tuo”. Inoltre, il progetto ha fatto un grande regalo a Guadagnino, offrendogli la possibilità di riunirsi a Chalamet, che il regista sapeva sarebbe stato perfettamente in grado di canalizzare quel misto di innocenza e irrequietezza che caratterizza il personaggio di Lee, dando, al tempo stesso, un tocco di contemporaneità al racconto. “L’esperienza di Chiamami col tuo nome è stata meravigliosa e, da quel momento, ho guardato Timothée sbocciare sia nel cinema che come persona” afferma. “L’ho detto subito, faccio questo film solo se c’è Timothée. Lui ha adorato la sceneggiatura, così abbiamo iniziato a lavorarci – insieme a David – per fare in modo che alcuni elementi spiccassero ulteriormente”. Era entusiasta anche di girare il film da forestiero in alcune zone degli USA in cui non era mai stato, e di ricreare un’America anni ‘80. “Gli anni ‘80 sono stati un periodo di grandi contraddizioni”, osserva, “durante il quale alcuni comparti dell’economia americana hanno visto una forte espansione mentre altri ne sono usciti impoveriti, in cui l’ottimismo era alle stelle, da cui tuttavia alcuni sono rimasti tagliati fuori. Ho l’impressione che il periodo storico corrisponda alle contraddizioni interne di questi personaggi, al loro tentativo di sistemarsi senza avere, però, alcuna possibilità di riuscirci”. L’unica cosa che Guadagnino si è categoricamente rifiutato di fare è ammantare Maren e Lee anche solo di un lieve alone di ironia o sarcasmo. In ogni singola inquadratura del film ha trattato i due personaggi con il più affettuoso riguardo, una scelta molto forte. “Non c’è cinismo in questo film” afferma Guadagnino. “Ne è completamente privo. E questo è stato possibile solo perché Taylor, Timothée e tutto il resto del cast si è impegnato a mostrare la massima umanità. Per come la vedo io, la satira e il cinismo rischiano di diventare, con eccessiva facilità, una coperta sotto la quale nascondere le cose, e in questo film io volevo uno sguardo diverso. Volevo essere pienamente fedele alle emozioni di Maren e Lee”.

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