
Il tuo carrello è vuoto
Un incredibile viaggio all`interno del dipinto “La salita al Calvario” di Pieter Bruegel con Rutger Hauer e Charlotte Rampling.
Uno degli artisti e cineasti più avventurosi e ispirati di oggi, Lech Majewski, invita lo spettatore a vivere dentro all’epico capolavoro del maestro fiammingo Pieter Bruegel, La salita al Calvario (1564): la tela riproduce la Passione di Cristo ambientando la scena nelle Fiandre del XVI secolo, sconvolte dalla brutale occupazione spagnola. Il protagonista della narrazione è il pittore stesso (interpretato da Rutger Hauer) intento a catturare frammenti di vita di una dozzina di personaggi: la famiglia del mugnaio, due giovani amanti, un viandante, un’eretica, la gente del villaggio e i minacciosi cavalieri dell’Inquisizione spagnola. Le storie disperate di questi uomini e di queste donne, costretti ad affrontare la sanguinosa repressione in corso, si sviluppano e si intrecciano sullo sfondo di un paesaggio suggestivo e surreale popolato da oltre cinquecento figure.
"[...] un'operazione concettuale inedita, paragonabile solo a certe scene di Tarkovskij e Sokurov." Roberto Nepoti, La Repubblica.
"La tangenza con la contemporaneità è altissima." Arianna Di Genova, Il Manifesto
"Lech Majewski ha fatto il miracolo." Francesco Alò, Il Messaggero.
"Una folgorazione fatta a film." Anna Maria Pasetti, Il Fatto Quotidiano.
"Maestoso, intrigante e giocoso, intriso della passione del regista. Spettacolare e irresistibile. E' un trionfo!" BoxOffice Magazine
"Stupefacente esperienza immersiva." Esquire Magazine
"Una spettacolare esperienza estetica." Il Sole 24 Ore
"Maestoso, intrigante e giocoso, intriso della passione del regista. Spettacolare e irresistibile. E' un trionfo!" BoxOffice Magazine
"Una folgorazione fatta a film." Anna Maria Pasetti, Il Fatto Quotidiano.
"Lech Majewski ha fatto il miracolo." Francesco Alò, Il Messaggero.
"La tangenza con la contemporaneità è altissima." Arianna Di Genova, Il Manifesto
"[...] un'operazione concettuale inedita, paragonabile solo a certe scene di Tarkovskij e Sokurov." Roberto Nepoti, La Repubblica.