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Ricordando Alberto Sordi

Alberto Sordi: un attore, un comico, un trasformista, che ha raccontato al mondo sia l’Italia esausta del dopoguerra che quella speranzosa del Boom, sapendo farsi TIC, maschera, istrione  e sorridente e malinconico riflesso nello specchio. A braccetto con la sua Roma, che ha abitato e celebrato in tantissime pellicole, tanto da diventare un simbolo a tutti gli effetti dell’italica romanità.

E proprio il centro storico di Roma ne ha visti i natali il 15 Giugno 1920: nato già istrione da una famiglia piccolo borghese, si cimentò per prima cosa come doppiatore (tra gli altri, darà la voce anche Ollio/Oliver Hardy), cominciò ad esibirsi in avanspettacolo e subito dopo la guerra diventò popolare alla radio, sviluppando una girandola di personaggi comici irresistibili  sulla scia dei quali iniziò ad essere chiamato per parti sempre più rilevanti in più di 20 film tra il 1937 e il 1948, come Le miserie del signor Travet di Mario Soldati, Il passatore di Duilio Coletti e Il delitto di Giovanni Episcopo di Alberto Lattuada.

Debuttò come protagonista nel film di Savarese Mamma mia, che impressione!(1951) E affiancò Totò in Totò e i re di Roma (1952) di Steno e Mario Monicelli, finché proprio nel 1952 avvenne l’incontro con Federico Fellini, che lo trasformò in un sagace interprete di fotoromanzi ne Lo sceicco bianco.  Ma sia Mamma mia che impressione! che Lo sceicco bianco furono entrambi due flop pazzeschi, e Fellini, per averlo nel successivo I Vitelloni (1953), dovette promettere ai produttori che non lo avrebbe inserito nei titoli di testa. Con l’uscita del film avvenne il miracolo: il pubblico iniziò ad adorare questo tipo scanzonato, non certo di primo pelo, scansafatiche e pieno di difetti, vagabondo e un po’ cialtrone, e le richieste per la partecipazione ad altri film iniziarono a fioccare. Nello stesso 1953 fu ne I 4 Bersaglieri /Tripoli , bel suo amore di Ferruccio Cerio,  nel 1954 ne Il seduttore di Franco Rossi, in Una parigina a Roma di Erich Kobler e nel film ad episodi di Alessandro Blasetti, Tempi nostri – Zibaldone n. 2, nel 1955 ne La bella di Roma, nel 1957 in Souvenir d’Italie di Antonio Pietrangeli.

 

Ormai è consacrato al pubblico con il personaggio dell’”americano” in Un americano a Roma di Steno (1954),  mostra il lato più dolente del suo carattere nel capolavoro di Mario Monicelli La grande guerra (1959), esordisce per la prima volta dietro la macchina da presa nel 1966 con Fumo di Londra. Perché piaceva tanto Alberto Sordi, e perché faceva così tanto ridere? Molti se lo sono chiesti: il personaggio che interpretava era molto diverso dai vari Charlot, Ridolini, Totò che avevano avuto successo precedentemente: non era fisicamente molto caratterizzato, era semplicemente un uomo normale, dei più mediocri che si possono incontrare, nei confronti del quale si può provare una sorta di superiorità ma anche di inconfessabile, attraente affinità. Il suo era un personaggio estremamente realistico, tutto il contrario del personaggio stralunato, sopra le nuvole, che aveva caratterizzato il comico tra le due guerre. Ma Sordi aveva dalla sua anche una grande versatilità: non rinunciò mai a ruoli farseschi come Il conte Max (1957) Racconti d’estate di Gianni Franciolini(1958), Il marito di Nanni Loy e Gianni Puccini (1958) Brevi amori a Palma di Majorca di Giorgio Bianchi, Il vigile (1960) di Luigi Zampa, ma diede vita anche a ruoli che gettavano una luce amara sui tic e le storture della nostra società, in film come Lo scapolo (1955) di Antonio Pietrangeli, Nella città, l’inferno di Renato Castellani (1958), Il medico della mutua di Luigi Zampa (1968), che è una spassosa denuncia sulla malasanità, e il cui protagonista ritroveremo anche in Il professor  dott. Guido Tersilii, primario della clinica villa Celeste, convenzionata con le mutue di Luciano Salce (1969).

Negli anni ’70 torna ad essere diretto da Federico Fellini in Roma, recita nelle commedie ad episodi Quelle strane occasioni (1976), Il comune senso del pudore (1976, da lui diretto), Dove vai in vacanza? (1978), e si presta a fianco di Philippe Noiret nel noir cupo francese Il testimone di Jean-Pierre Mocky. Diretto da Monicelli, dopo aver dato vita ad una delle sue interpretazioni più intense in Un borghese piccolo piccolo (1977) interpreta anche il doppio personaggio beffardo ed amaro de Il marchese del grillo (1981), negli anni ’80 Sergio Corbucci lo vuole nel grottesco Sono un fenomeno paranormale, mentre Ettore Scola, suo grande estimatore, lo dirigerà nel suo Romanzo di un giovane povero (1995) nei panni di un serafico anziano potenziale uxoricida.

Sempre più spesso Alberto Sordi si presta come regista dei suoi film, ottenendo ottimi risultati come con Monica Vitti in Io so che tu sai che io so (1982), In viaggio con papà, dove recita come padre del figlio interpretato da Carlo Verdone ( ricambierà poi il favore recitando nel suo Troppo forte nel 1986) e nel 1984 Tutti dentro, una feroce satira sociale in forma di commedia sulla corruzione nel nostro paese. Riassumere una così sconfinata carriera in poche righe è quasi impossibile: Alberto Sordi ha saputo portare sé stesso nella storia del cinema italiano ed inventare un carattere in cui tutti potessero riconoscersi; si è divertito, ha bluffato, si è indignato e ci ha messo la faccia.  E al centro di tutto, come del suo cuore, ha messo la sua città, Roma, come ha affermato:  “Noi abbiamo avuto il privilegio di nascere a Roma, e io l’ho praticata come si dovrebbe, perché Roma non è una città come le altre. È un grande museo, un salotto da attraversare in punta di piedi.”

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