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Gian Maria Volonté: un omaggio

Francesco Rosi disse di lui che “rubava l’anima ai suoi personaggi.” Vi proponiamo qui un breve excursus nella carriera di uno degli attori più originali del cinema italiano.

DA TORINO IN FRANCIA A RACCOGLIERE MELE

Nato a Milano nel 1933 e cresciuto a Torino, Gian Maria Volonté non ha avuto un’infanzia semplice. Figlio di un ex gerarca fascista condannato e rinchiuso in carcere dopo la guerra per aver ordinato la morte di alcuni membri della Resistenza, Gian Maria decise a 14 anni di abbandonare gli studi per aiutare la madre in difficoltà economiche. Dopo un periodo in Francia dove era andato per lavorare come raccoglitore di mele, nel 1950 torna in Italia e inizia a frequentare lo Studio Drammatico Internazionale I Nomadi di Edoardo Maltese, appassionandosi alla letteratura e al teatro.

GLI ESORDI: IL TEATRO E LA TELEVISIONE

Dopo alcune esperienze come attore a Torino, nel 1954 si trasferisce a Roma per iscriversi all’ Accademia Nazionale di Arte Drammatica, dove ha come maestro Orazio Costa. Iniziano quindi le prime esperienze a teatro e in televisione: Volontè partecipa agli sceneggiati televisivi L’idiota e Caravaggio, lavora a teatro in Romeo e Giulietta e Sacco e Vanzetti dove interpreta Nicola Sacco ( 10 anni dopo, nel film di Giuliano Montaldo, vestirà i panni, invece, di Bartolomeo Vanzetti).

IL BATTESIMO DEL CINEMA DI IMPEGNO CIVILE

L’esordio al cinema di Gian Maria Volonté si ha nel 1960 nel film Sotto dieci bandiere di Duilio Coletti, ma è con due film di denuncia ed impegno sociale che otterrà ruoli da protagonista: Un uomo da bruciare (1962) di Paolo e Vittorio Taviani e Valentino Orsini dove interpreta Salvatore, una figura ispirata ad un sindacalista socialista, Salvatore Carnevale e Il terrorista (1963) di Gianfranco De Bosio, dove veste i panni di un militante della Resistenza. Questi ruoli, però, non gli porteranno grandi encomi da parte della critica. Carlo Lizzani, ad esempio scrisse, a proposito di Un uomo da bruciare: “ Recitazione antinaturalistica, oratoria, di tipo brechtiano.”      

SPAGHETTI WESTERN

La celebrità e la consacrazione presso il grande pubblico arriva con il ruolo del trafficante di alcolici Ramón Rojo nel caposaldo degli spaghetti western Per un pugno di dollari di Sergio Leone (1964).  Lo stesso regista , in alcune sue dichiarazioni, si vanta di essere stato lui a lanciare la carriera di Volonté come caratterista; lo vorrà infatti anche in Per qualche dollaro in più nei panni del sadico El indio nel 1965. Dopo questi film Volonté parteciperà anche ad altri titoli del genere, tra cui è degno di nota Quien Sabe? di Damiano Damniani (1965) dove è protagonista nei panni del bandito populista El Chunco.

DA A CIASCUNO IL SUO A TODO MODO: IL SODALIZIO CON ELIO PETRI

Nel 1967 Volonté interpreta il prof. Laurana in A ciascuno il suo, il film che Elio Petri dirige dal romanzo di Luigi Sciascia, e che getterà le basi per un sodalizio molto fecondo tra i due, che ha come punta di diamante Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) dove veste i panni dell’indimenticabile dirigente di polizia in quello che è considerato uno dei più celebri film italiani a sfondo politico-giudiziario, vincitore dell’Oscar come Miglior Film Straniero, con la colonna sonora passata alla storia di Ennio Morricone. Scrisse Massimo Mida sulla sua interpretazione: È l’unico attore italiano che può stare alla pari – come forza espressiva, come grinta, come presenza sullo schermo – dei grandi attori anglosassoni moderni, Bogart, Brando e Burton.”  Uniti anche dalla reciproca necessità di coniugare cinema ed impegno politico, Petri e Volonté si ritroveranno in altri due capolavori del nostro cinema: La classe operaia va in paradiso, per il quale l’attore ottiene una menzione speciale al Festival di Cannes per la sua interpretazione dell’operaio Lulù, e Todo modo (1976), dove veste i panni di un personaggio ricalcato quasi mimeticamente sulla figura di Aldo Moro: film censurato, incompreso, maledetto, che segnerà la crisi del cinema politico italiano e la fine del rapporto tra Petri e Volonté.

GLI ANNI ’70: CINEMA COME IMPEGNO CIVILE

Negli anni ’70 Petri è all’apice della sua carriera e viene definito da Francesco Laudadio: “il più grande attore del suo tempo.” È il cinema di impegno civile quello in cui trova la sua massima espressione, in film come Uomini contro di Francesco Rosi (1970), Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio (1972), Giordano Bruno di Giuliano Montaldo (1973), Ogro di Gillo Pontecorvo (1979), Cristo si è fermato e Eboli, di Francesco Rosi (1979). Oramai attore corteggiato anche dal cinema internazionale, è diretto anche da Jean-Pierre Melville al fianco di Alain Delon ne I senza nome (1970), prende parte all’esperimento di cinema marxista Vento dell’est (1970) di Jean-Luc Godar e del Gruppo Dtziga Vertov, recita al fianco di Michel Piccoli, Jean -Louis Trintignant e Jean Seberg ne L’attentato di Yves Boisset (1972).

GLI ULTIMI ANNI: LA CRISI DEL CINEMA POLITICO E NELLA VITA

Deluso sia dalla politica che dal cinema, a partire dagli anni ’80 Gian Maria Volonté lavora meno e sempre meno nel cinema italiano (Il caso Moro di Giuseppe Ferrara, 1986, Tre colonne in cronaca di Carlo Vanzina, 1989), negli anni ’90 prende parte ad alcuni film minori come Il tiranno del messicano José Luis García Sánchez, e ci lascia nel 1994, stroncato da un infarto sul set de Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos.

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