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Il film definitivo sulla Shoah, premio Oscar® come Miglior Film Straniero
1944. Nel campo di concentramento di Auschwitz, il prigioniero Saul Ausländer è costretto a bruciare i corpi del popolo al quale appartiene: fa parte, infatti, dell`unità speciale Sonderkommando. La sua occupazione lo lacera, ma cerca di andare avanti con tenacia cieca, con il solo intento di sopravvivere. Un giorno, però, crede di riconoscere nel mucchio di cadaveri che deve bruciare un ragazzo che sembra essere suo figlio. Da quel momento avrà un solo, feroce obbiettivo: trovare il modo di dare una degna sepoltura a quel prezioso cadavere.
"Géza Röhrig ci racconta tutta la disperazione e l'umanità che la macchina da presa non potrebbe restituire." Avvenire
"Riflette sui limiti del rappresentabile che il cinema deve porsi [...] ma soprattutto chiede allo spettatore di confrontarsi con quei temi morali che la Shoah continua a sollevare e che nessuno potrà mai cancellare." Corriere della Sera
"L'interprete necessario di un esordio eccezionale, in cui la forma si fa contenuto e viceversa. Una performance miracolosa, di quelle che il cinema regala di rado." La Stampa
"Non perdetelo, 'Il figlio di Saul' è un film che rimarrà." Il Fatto Quotidiano
"Come la racconta Nemes l'atroce solitudine? Splendidamente, mettendo in primo piano la sofferenza di Saul e solo sullo sfondo l'orrore di Auschwitz." Libero
"Un grande film sulla Shoah, anzi il migliore a tutt'oggi." Il Tempo
"Una vera meraviglia." Il Giornale
"Come la racconta Nemes l'atroce solitudine? Splendidamente, mettendo in primo piano la sofferenza di Saul e solo sullo sfondo l'orrore di Auschwitz." Libero
"Non perdetelo, 'Il figlio di Saul' è un film che rimarrà." Il Fatto Quotidiano
"L'interprete necessario di un esordio eccezionale, in cui la forma si fa contenuto e viceversa. Una performance miracolosa, di quelle che il cinema regala di rado." La Stampa
"Riflette sui limiti del rappresentabile che il cinema deve porsi [...] ma soprattutto chiede allo spettatore di confrontarsi con quei temi morali che la Shoah continua a sollevare e che nessuno potrà mai cancellare." Corriere della Sera
"Géza Röhrig ci racconta tutta la disperazione e l'umanità che la macchina da presa non potrebbe restituire." Avvenire