Un’esperienza cinematografica difficile da immaginare e impossibile da dimenticare
DAU. Natasha racconta le storture e le violenze del regime sovietico dal punto di vista di Natasha, umile cameriera nella mensa dell’istituto scientifico DAU. Dopo una festa in cui scorrono fiumi di alcool, Natasha si abbandona a una notte di passione con uno scienziato francese, Luc. Convinta all’inizio di aver trovato l’amore, la donna si ritrova presto sola e in grave pericolo: venuto a conoscenza dei suoi rapporti con uno straniero, un funzionario del KGB la convoca per un interrogatorio...
Il direttore della fotografia che ha lavorato con la pellicola in 35mm è Jürgen Jürges, storico collaboratore di Fassbinder e di Haneke.DAU ha coinvolto oltre 400 attori non professionisti chiamati a vivere per tre anni sul più grande set mai costruito. Lo scopo del produttore Sergey Adonyev e del regista Ilya Khrzhanovskiy era quello di ricreare la vita in Unione Sovietica tra il 1938 e il 1968, concentrando i vari personaggi nel Lev Landau Institute (da cui l’abbreviazione DAU), istituto scientifico intitolato al celebre fisico russo.Troupe e attori hanno letteralmente vissuto sul set creando una sorta di mondo parallelo, in un’incredibile convergenza tra realtà e finzione: il risultato è un’operazione visionaria che tiene insieme cinema, performance, scienza, critica sociale, esperimento antropologico. Diversi artisti hanno visitato l’istituto nel corso del tempo, da Marina Abramovic a Romeo Castellucci, ma anche il premio Nobel per la fisica David Gross, mentre lo scrittore torinese Gianluigi Ricuperati si è ispirato a DAU per il suo romanzo Est.