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Un posto ideale per uccidere – Speciale Nocturno

Un posto ideale per uccidere, uscito nelle sale a metà del 1971, è un film che appartiene ancora di pieno diritto alla prima fase gialla di Umberto Lenzi, quella governata dal modello francese e dagli intrighi canonizzati nei Diabolici di Henri-Georges Clouzot. Ed è un film strutturalmente simile al precedente Orgasmo, che da quel canone perpetua anche il triangolo erotico-criminale che lega un ragazzo e una ragazza a una piacente donna più matura. A sentire il regista, l’idea nacque come una sorta di ripiego, dopo che era andato a gambe per aria un progetto che Lenzi definisce come molto simile, per impostazione, a La Caduta degli Dei di Luchino Visconti, con protagonista una dinastia brasiliana di signori del caffè. Carlo Ponti doveva esserne il produttore ma il film non si riuscì mai a quadrare per ragioni legate alla sua salute e quindi la produzione fu riconvertita su questo giallo, che in origine manifestava una natura abbastanza differente. Perlomeno nelle motivazioni che spingevano i due giovani protagonisti – sullo schermo, Ornella Muti e Ray Lovelock – nella casa e nel letto di una milf che si era appena macchiata dell’omicidio del coniuge e stava cercando di sbarazzarsi del cadavere, di concerto con l’amante. I due giovani avventurieri nel copione primario si mantenevano trafficando con la droga e, impasticcati com’erano, diventavano inconsapevoli strumenti nelle mani della vedova omicida. Ma la droga non fu vista di buon occhio da Ponti e l’elemento venne modificato, mettendo al posto di polverine e pastiglie allucinogene delle fotografie porno.

«Ponti non se la sentiva di esporsi facendo dei due hippy dei drogati, gli sembrava eccessivo. Così mi mandò da Tonino Guerra, il grande sceneggiatore, per un consulto. Guerra suggerì di sostituire la roba con la pornografia. Praticamente, questi due ragazzini vendevano giornaletti e foto pornografiche per fare un po’ di soldi. La cosa secondo me non reggeva più in questo modo, perdeva mordente. Un conto era avere due strafatti che finivano per amoreggiare con l’assassina e questa ne approfittava per accollare loro il delitto che aveva commesso: stava in piedi, funzionava bene ed era credibile. Ma con la pornografia il discorso non aveva più alcun senso».

Tanto era derivativo da Orgasmo, questo nuovo giallo lenziano, che Carrol Baker era stata in un primo momento pensata nel ruolo della fedifraga omicida. La voleva Ponti, ma il regista si oppose fermamente. E la spuntò lui: «Temevo che se avessi fatto un altro film con la Baker, la gente avrebbe cominciato a pensare che fosse lei la regista, mentre io volevo dimostrare che il successo dei miei film precedenti era solo mio». Così, Lenzi si fece venire in mente per il ruolo Anna Moffo, una cantante lirica molto avvenente che in quegli anni, 1969-70, aveva intrapreso la strada del cinema (Concerto per pistola solista, La ragazza di nome Giulio, Il divorzio). La Moffo accettò, in un primo momento, ma successivamente si tirò indietro, a pochissimi giorni dall’inizio delle riprese. In tali distrette, Ponti prese Irene Papas. Bravissima attrice che pose, però, subito il veto su qualsiasi propria nudità. E in una storia come quella che si doveva girare, concepita proprio per essere molto audace e morbosa, significava tagliare le gambe al plot. «Accettai Irene Papas – ha spiegato Lenzi – sperando che si lasciasse convincere a girare almeno certe scene un po’ osée, lasciando quelle più spinte a una controfigura, ma mi trovai di fronte a un muro». Se non può spingere con la donna matura, spingerà con la ragazzina – pensa il regista – tanto più che per la parte era stata scelta una radiante e già molto procace Ornella Muti. Ma nemmeno con lei la vita fu facile: «La Muti era stupenda senonché, quando fece il film, aveva diciassette anni e mezzo e non si poteva farla spogliare. Io ci provai, ma una volta, dopo avere mostrato un mezzo seno, scoppiò in lacrime e dovetti lasciare perdere. Oltretutto, aveva intorno un fidanzato gelosissimo e la madre che le faceva sempre la guardia». Ciononostante, nel montaggio definitivo, Un posto ideale per uccidere comprende diverse scene erotiche, alcune delle quali anche parecchio ardite. La persona alla quale dobbiamo dire grazie per la generosa e disinvolta offerta di sé si chiama Antonia Santilli. Era allora un’aspirante attrice, di considerevole bellezza e di grande spigliatezza nel mostrarsi nuda (era stata anche ragazza Playmen in quello stesso periodo), che sul set di Un posto ideale per uccidere ci era finita per caso, in quanto fidanzata del direttore della fotografia Alfio Contini.

Antonia Santilli conobbe nelle due o tre stagioni cinematografiche successive un notevole successo, diventando protagonista di numerosi film di genere, tra cui occorre almeno citare il noir di Fernando di Leo Il boss (1973) e Io e lui di Luciano Salce, tratto dal romanzo di Moravia (1973). Fu lei a prestare il suo corpo per tutte le scene piccanti di Un posto ideale per uccidere, controfigurando sia Ornella Muti (della quale gli unici nudi originali rimasti sono alcune fotografie in bianco e nero, che si vedono soltanto nella versione per l’estero del film) sia Irene Papas, nella sequenza più hot (concettualmente se non visivamente) in cui la “vedova nera” pratica del sesso orale a Raymond Lovelock vestito della bandiera inglese (anche questa era una scena destinata solo ai più libertini mercati stranieri, mai montata nella versione italiana e che nel dvd Cinekult è contenuta tra i materiali extra). Antonia Santilli di quell’esperienza con Lenzi oggi ricorda, divertita, soprattutto le furiose scenate di gelosia che la madre (di origini russe) della Muti le faceva, quando “rubava” la scena nuda alla figlia, lanciando parolacce e improperi in lingua estone.

Testo scritto in esclusiva per CG Entertainment da Nocturno Cinema.

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