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Ingrid Bergman, una diva sottovoce

Una bellezza preziosa, ricca di sfumature, un fascino di quelli magici che lo schermo aiuta ad esplodere. Ingrid Bergman, nata a Stoccolma il 29 Agosto del 1915, continua a risplendere nei film che l’hanno vista protagonista e nel ricordo immutato di coloro che continuano ad ammirare il suo enigmatico sorriso. Tre premi Oscar, innumerevoli altri riconoscimenti, Ingrid Bergman non ha mai vissuto la sua carriera in maniera passiva o conforme ad alcuni standard, ma ha seguito il bisogno di evolvere insieme alla sua immagine, di mettersi alla prova, seguendo il suo istinto che l’ha portata a scelte non scontate.

Rimasta orfana di entrambi i genitori a soli 12 anni, Ingrid è cresciuta nella famiglia dello zio paterno, che acconsentì a farla iscrivere alla scuola del Dramatiska Teater di Stoccolma nel 1933, dove il suo talento iniziò fin da subito a farsi notare. In pochi anni  Bergman divenne una giovane promessa del cinema svedese, si sposò con un medico nel 1937, Petter Aron Lindström, e la sua interpretazione in Intermezzo (1936) di Gustaf Molander colpì a tal punto il produttore americano David O’Selznick da convincerla a raggiungerlo ad Hollywood, dove iniziò la sua scalata verso il successo. Mentre l’altra attrice svedese per eccellenza, Greta Garbo, si ritirava dalle scene, Bergman interpretava ruoli di eroina romantica dal sorriso radioso che facevano impazzire il pubblico. A consacrarla fu il cult Casablanca (1942) di Michael Curtiz, dove, al fianco di Humphrey Bogart seppe mostrare un talento ben più sfaccettato e ricco di pathos di quello emerso fino ad allora, così come avvenne per Angoscia (1944) di George Cukor, dove interpreta una donna condotta sull’orlo della pazzia dal marito (Charles Boyer), ruolo per il quale ottenne il suo primo Oscar. Sempre a fianco di Charles Boyler, Bergman interpreta una donna di malaffare nella Parigi funestata dalla seconda guerra mondiale nel romantico L’arco di trionfo (1948) di Lewis Milestone, tratto dal romanzo omonimo di Enrique Maria Remarque. Seguono altri ruoli che la consacrano al pubblico americano, ma che la lasciano professionalmente insoddisfatta. Sarà Alfred Hitchcock il primo a capire in profondità la natura del suo talento: puntando sul suo fascino apparentemente algido modella su di lei la psicoanalista che si abbandona all’amore in Io ti salverò (1945), costruisce su di lei il ruolo di Alicia Huberman protagonista di Notorious – l’amante perduta (1946), e evidenzia la sua bravura con lunghi ed insistiti piani –sequenza ne Il peccato di Lady Considine, girato in Inghilterra nel 1949.

A parte la sua affinità con Hitchcock, la Bergman si sente non valorizzata dei ruoli che le vengono assegnati da Hollywood, ed è in cerca di nuovi stimoli. Sarà l’amico/amante Robert Capa, narra la leggenda, che le consiglierà di vedere Roma città aperta di Roberto Rossellini: un film del quale la Bergman si innamora, intravedendo nella poetica del regista italiano, così lontana dagli stereotipi hollywoodiani, qualcosa di molto simile alla sua sensibilità. Decide quindi di scrivere al regista una lettera piena di ammirazione, che si conclude con il proposito di lavorare insieme. E così sarà: la Bergman vola in Italia per girare Stromboli – città di Dio, Rossellini lascia Anna Magnani e si tuffa in questa improvvisa simbiosi amoroso – artistica: la loro storia d’amore, dalla quale nasceranno due figli, prima Robertino e poi Isabella, desterà scandalo perché Bergman è ancora ufficialmente sposata con Petter Aron Lindström, da cui ha avuto una figlia che lascia in America. Tutto questo è troppo per l’opinione pubblica americana, che accoglie con indignazione lo scandalo e rigetta questa nuova immagine dell’eroina che credeva casta e senza macchia, coma la Giovanna d’Arco che amava interpretare a teatro e al cinema…

Rossellini seppe sfruttare il talento di Ingrid Bergman sia in Stromboli, che mostra il tragico impatto tra la straniera Karin e l’aspra isola siciliana, che nei film successivi che la videro protagonista: in Europa ’51 incarna un San Francesco al femminile in bilico tra pazzia e santità,  in Viaggio in Italia (1954) anticipa il ritratto di donne colpite dall’angoscia di esistere che sarà il leitmotiv di un regista moderno come Michelangelo Antonioni, e con il quale conquista definitivamente la critica europea, in particolare i Cahier du Cinéma. Ne La paura (1954), ambientato a Monaco di Baviera, che in Italia fu un flop e venne ridistribuito con pesanti rimaneggiamenti,  Bergman interpreta una donna adultera al centro di un complesso complotto. Questo film travagliato, ma molto importante nella filmografia del regista italiano, sarà l’ultimo frutto del rapporto artistico e sentimentale dei due, le cui strade si divideranno nel 1958, con l’annullamento del loro matrimonio (i due si erano sposati per procura in Messico nel 1950).

Ingrid Bergman torna a far pace con quell’America che l’aveva respinta dopo lo scandalo con Rossellini ricevendo il suo secondo Oscar per l’interpretazione della presunta ultimogenita di Nicola II in Anastasia di Anatole Litvak (1956), seguito dalla commedia brillante Indiscreto (1958) di Stanley Donen, dove interpreta un’attrice di successo al fianco di Cary Grant, e riceve il terzo Oscar (il primo come attrice non protagonista), nel 1974 per Assassinio sull’Orient Express di Sidney Lumet, che la riprese nell’epocale piano sequenza dell’interrogatorio di Poirot ( ma a tal proposito la Begman ha più volte dichiarato che ne Il peccato di Lady Considine aveva avuto un piano sequenza molto più lungo!).

Nel 1978 arriva dalla madrepatria la proposta di lavorare insieme al più prestigioso dei registi svedesi, Ingmar Bergman, sogno che da tempo la Bergman aveva nel cassetto: già in lotta contro il cancro al seno che se la porterà via il giorno del suo sessantasettesimo compleanno (il 29 Agosto 1982), l’attrice accetta la sfida di interpretare una madre cinica ed egoista che ha anteposto la carriera all’affetto per i figli in Sinfonia d’autunno, per il quale riceverà la 7° Nomination agli Oscar, e che è considerata da molti la sua interpretazione più intensa, l’ultima sul grande schermo.

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